“Buongiorno a tutti! Mi chiamo Rosario Di Meo, sono un medico, esattamente uno specialista radiologo e lavoro per Cerba HealthCare Italia. Reputo complicato riuscire a inquadrare precisamente la mia professione, alcune volte non si riesce a comprendere esattamente cosa faccia il radiologo, in quanto, nella maggior parte dei casi, viene identificato in quella figura che esegue esclusivamente radiografie”.
Cosa fa il radiologo di preciso?
Innanzitutto, bisognerebbe comprendere e distinguere le due grandi branche della radiologia: la radiologia diagnostica e la radiologia interventistica.
Radiologia diagnostica e radiologia interventistica
Di seguito ecco cosa sono queste due branche della radiologia e da cosa si differenziano:
- La radiologia diagnostica si occupa dell’approccio, mediante macchinari dedicati (Rx, ecografie, TC, RM), con lo scopo di rilevare alterazioni nel corpo che indirizzano verso alcune malattie e consentono la diagnosi di patologie che poi coadiuvano nella ricerca del trattamento più efficace per il paziente. Insomma, è un po’ come se si riuscisse a “guardare all’interno del corpo” cercando cosa non funziona e identificando il problema.
- La radiologia interventistica sfrutta i macchinari sopra indicati, ed altri di stampo prevalentemente chirurgico per effettuare delle procedure di chirurgia e microchirurgia e trattare le più svariate patologie, dal comparto vascolare sino a quello oncologico. La caratteristica comune della maggior parte di queste procedure non è solo l’approccio estremamente innovativo, volto ad evitare effetti secondari post-chirurgici, ma anche la capacità di ottenere dei risultati che, mediante l’avanzamento tecnologico, appaiono sempre più come dei piccoli miracoli, specialmente nel trattamento delle patologie tumorali.
“Nel mio caso specifico e personale, io mi occupo di radiologia diagnostica, volta, quando possibile, a indicare la strada per la diagnosi delle malattie, al fine di consentire una cura più appropriata di queste ultime con l’indispensabile collaborazione dei colleghi di ambito clinico e chirurgico” spiega Di Meo.
Il radiologo lavora in gruppo?
“Sì e no” risponde Di Meo.
“Molte volte ci troviamo a dover segnalare la presenza di determinate patologie, sarà poi il paziente stesso a procedere per la sua strada in ambito clinico, riducendo il lavoro del radiologo ad una sorta di “passaggio di consegna”.
Tuttavia, quando si instaura un buon rapporto di collaborazione con i colleghi clinici, vi è un continuo confronto, che tocca pressoché ogni ambito della medicina, in quanto si rapporta ciò che valuta il clinico alla visita del paziente e dalle analisi del sangue, con quello che i radiologi vedono attraverso le indagini diagnostiche.
In questo modo si ottiene così un quadro, quanto più vicino possibile, a quello migliore per l’identikit delle patologie e, pertanto, si riesce ad associare al caso di ciascun paziente la cura migliore.
Molte volte anche noi radiologi abbiamo bisogno di un ulteriore approfondimento diagnostico, che può scattare quando i contorni delle patologie risultano più sfumati. In questo caso si richiedono approfondimenti mediante macchinari diagnostici di complessità sempre maggiore con protocolli di studio dedicati. Oppure richiediamo la biopsia, la quale, ricordiamolo, è l’unica indagine capace di dire esattamente con cosa ci stiamo confrontando, svolta mediante il prelievo diretto di materiale biologico e la conseguente analisi”.
Cosa fare quando ci sottoponiamo ad una visita per una ecografia, una tc, una risonanza oppure degli rx?
“Portate i precedenti!”
“A parte gli scherzi, è fondamentale inquadrare la storia clinica di un paziente, soprattutto quando dobbiamo effettuare dei controlli a lungo tempo (follow-up) dell’evoluzione di patologie croniche e valutare come queste cambiano nell’arco del tempo. Infine, è necessario dichiarare eventuali pregressi interventi chirurgici o richieste specifiche, mirate ad uno studio piuttosto che ad un altro, al fine di rispondere meglio al quesito diagnostico che viene posto, garantendo così una migliore terapia per i pazienti”.