Contenuto a cura di Michele Scelsi, Chirurgo ortopedico specializzato nell’impianto di protesi di anca e di ginocchio
Chirurgia e protesi di ginocchio e anca
L’ artrosi è un termine che indica l’usura delle strutture dell’articolazione, in particolare della cartilagine, ma anche dell’osso e dei tessuti molli. Le abitudini di vita si sono evolute rispetto ai decenni scorsi e le persone rimangono fisicamente attive più a lungo. Ciò comporta un aumento dell’incidenza di dolore alle articolazioni. Basti pensare che ogni anno in Italia vengono impiantate più di 200.000 protesi di ginocchio e anca: ovvero una ogni due minuti e mezzo.Le moderne tecniche chirurgiche consentono di impiantare una protesi in meno di un’ora e in anestesia locale, con un approccio mini invasivo sulla muscolatura. Questo consente di far tornare il paziente direttamente a casa già nei primi giorni dopo l’operazione. La costante evoluzione della tecnica e dei materiali, ha reso l’operazione di protesi di ginocchio e anca, un intervento di successo, in grado di restituire alla persona una buona qualità della vita e una buona riduzione del dolore.
Come viene applicata la protesi al ginocchio o anca?
Da un punto di vista tecnico, quando il chirurgo posiziona una protesi in un’articolazione consumata deve eseguire delle resezioni ossee, che servono per preparare l’alloggiamento che accoglierà l’impianto. Condizione fondamentale affinché l’impianto di protesi per ginocchio e anca lavori bene è quella di posizionarlo nella maniera corretta ed – entro un certo limite – assecondare quelle che sono le strutture anatomiche specifiche di ogni persona.Infatti non esiste una ricetta univoca che vada bene per tutti: il chirurgo deve saper scegliere e successivamente realizzare il posizionamento ottimale dell’impianto in maniera specifica per ogni determinato paziente.La tecnica classica di protesi per ginocchio e anca prevede di valutare l’orientamento delle resezioni attraverso l’utilizzo di apposite guide.Queste possono essere:
- Intramidollari, ovvero essere inserite all’interno dei canali ossei della tibia e del femore
- Extramidollari, ovvero che si orientano utilizzando dei reperi anatomici esterni. Queste tecniche consentono di valutare l’orientamento delle componenti protesiche e l’allineamento globale della gamba, tuttavia il livello di stabilità legamentosa rimane una valutazione soggettiva del chirurgo
La tecnica chirurgica robotica
La tecnica chirurgica robotica di inserimento protesi per ginocchio e anca prevede l’infissione, attraverso la cute, di piccoli chiodi metallici temporanei a livello del femore e della tibia, necessari al computer per calibrarsi. In questo modo sarà possibile quantificare in maniera estremamente precisa la mobilità, l’allineamento e la stabilità del ginocchio pre-operatoriamente, e di simulare i risultati post operatori, dando più informazioni al chirurgo ed aiutandolo nella pianificazione. In alcuni sistemi i tagli sono eseguiti dal chirurgo, in altri dallo stesso braccio robotico.Il plus dei sistemi robotici è quello di quantificare numericamente e quindi valutare con estrema precisione anche il livello di stabilità di un’articolazione (cosa che classicamente viene demandato alla sensibilità dell’operatore), dando un riscontro immediato del risultato ottenuto.
Protesi di ginocchio e anca: la tecnica mini-invasiva
Una delle tecniche della chirurgia protesica è quella mini-invasiva, le cui caratteristiche sono:
- Avere delle incisioni più piccole rispetto agli interventi tradizionali, per far questo sono necessari strumentali particolari, solitamente più piccoli e curvi
- Utilizzare degli impianti moderni, che consentano un risparmio osseo maggiore
- Essere estremamente rispettosi delle strutture anatomiche all’interno dell’articolazione, divaricandole con cura senza frazionare eccessivamente
- Avere minori perdite ematiche intra operatorie
Queste tecniche richiedono grande esperienza negli interventi di protesi di ginocchio e anca da parte del chirurgo, perché rispetto alle tecniche tradizionali si ha una visione ridotta dell’area da operare e si hanno a disposizione minori punti di repere per orientarsi.
Le controindicazioni della tecnica mini-invasiva
Bisogna sottolineare tuttavia come la mini invasività spinta non sia indicata in tutti i casi di interventi come quelli di protesi di ginocchio e anca. Ad esempio ci possono essere dei soggetti obesi oppure con particolari problematiche vascolari, per i quali un intervento mininvasivo spinto potrebbe creare più problemi di guarigione della cicatrice.Un altro esempio sono i casi complessi in cui ci siano gravi deformità da correggere oppure impianti da revisionare. Questo non vuol dire però che il chirurgo non debba adottare tutte le migliori pratiche volte a minimizzare il trauma chirurgico ed aumentare la sicurezza per i tessuti.
Le visite di controllo post protesi di ginocchio e anca
Lo scopo e l’importanza delle visite di controllo varia in base alla fase in cui ci troviamo. Rispetto alla vita di una protesi ne identifichiamo tre:
- Nella prima fase (che dura circa sei mesi un anno) essa deve risultare stabilmente ancorata all’osso e il paziente deve riprendere tutte le sue funzioni. Camminare, avere una buona articolarità, lavorare e, perché no, praticare anche dello sport
- Nella seconda fase, quella più lunga definita di “vita utile dell’impianto” stimata attorno ai vent’anni, il paziente è già completamente riabilitato e pratica normalmente le attività quotidiane
- Nell’ultima fase, l’usura meccanica delle componenti protesiche determina un progressivo e graduale malfunzionamento dell’impianto con dolore e scollamento dello stesso dall’osso. Quest’ultima fase può occorrere con una tempistica assai variabile in base a numerosi fattori.
Visite e decorso post operatorio
In base a quanto abbiamo appena visto quindi, è facile comprendere che le visite di controllo nel primo anno della protesi di ginocchio o anca siano più frequenti, le visite effettuate durante la fase di vita utile della protesi lo siano meno, per poi aumentare nuovamente la frequenza man mano che ci si avvicina verso fine vita teorica dell’impianto.
- Visita n.1 – 2/4 settimane post operazione: rimarginazione ferita, rimozione punti e capacità di deambulazione. Check circolazione del sangue, gonfiori linfo vascolari, sospette infezioni
A un mese circa dall’intervento bisognerà eseguire delle radiografie di controllo per monitorare l’ancoraggio dell’impianto all’osso, e degli esami del sangue per escludere la presenza di un’infezione o di una patologia tromboembolica.
- Visita n.2 – 3-4 mesi dopo: focus su articolarità, potenza muscolare, schema del passo ed esecuzione di attività come fare le scale, camminare su percorsi accidentati, lavorare
- Visita n.3 – 6-7 mesi dopo: verifica di uscita dalla prima fase e ingresso nella seconda, quella di vita utile dell’impianto con l’obiettivo di un paziente completamente riabilitato
Rispetto alla prima, la seconda fase ha uno scopo differente: non è più volto ad escludere le complicanze bensì a monitorare lo stato di usura meccanica dell’impianto.La terza e ultima fase inizia invece una ventina d’anni dopo l’impianto, dove è opportuno aumentare la frequenza dei controlli e tornare annualmente. Così da potersi rendere conto in tempo di un problema meccanico e poter prendere il miglior provvedimento limitando al minimo i danni.Vuoi scoprire i nostri servizi di Ortopedia e Traumatologia e visualizzare tutte le sedi disponibili?Prenota la visita ortopedica