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Studio e intervento sul microbiota intestinale

Il Dott. Matteo Basile, biologo specialista in patologia clinica, spiega l'importanza del microbiota intestinale per la nostra salute

microbiota intestinale

Di Dott. Matteo Basile

Microbiota intestinale: dai primi studi alla ricerca attuale

L’interesse della comunità scientifica per il microbiota è cresciuta rapidamente negli ultimi anni, man mano che prove consistenti venivano raccolte circa l’implicazione della comunità dei batteri intestinali sullo stato di salute della persona.

Osservando il numero di pubblicazioni sull’argomento si vede che, sebbene già dagli anni ‘50 alcuni articoli venissero pubblicati quasi ogni anno, solo nel nuovo millennio il numero di articoli è diventato consistente, passando da alcune centinaia di articoli all’anno negli anni ‘90, ai 40.000 circa pubblicati in quest’ultimo decennio, di cui oltre 34.000 articoli prodotti negli ultimi 5 anni.

Il microbiota, cioè l’insieme delle specie batteriche che popolano il nostro intestino, è diventato oggi una delle principali branche di ricerca in medicina, con importanti risvolti sulla comprensione dell’importanza della nutrizione.

 

Evoluzione dello studio in laboratorio

È stato possibile affrontare la complessità dello studio del microbiota solo con l’applicazione nei laboratori della reazione a catena della polimerasi detta PCR (1980) che poteva fornire grandi quantità di DNA per il sequenziamento genomico batterico con una tecnica messa a punto da Sanger pochi anni prima, nel 1977.

Questo primo passo risultò fondamentale per lo studio dei batteri presenti nel nostro intestino, poiché solo una frazione compresa tra lo 0,1% e l’1% può essere “coltivata” su piastra in laboratorio ed essere studiata al di fuori della propria nicchia ecologica: il nostro intestino.

Nel XXI secolo, l’utilizzo di nuove tecnologie, come la NGS-PCR, capace di processare grandi quantità di materiale genetico in parallelo e l’utilizzo di potenti software in grado di interpretare le sequenze di DNA amplificate con la PCR, hanno permesso di svincolare il ricercatore dalla necessità di coltivare batteri su piastra per poterli caratterizzare.

Si è così mostrata all’occhio della comunità scientifica quella vasta abbondanza di specie batteriche che andavano a costituire una delle più complesse e formidabili comunità di microrganismi esistenti: quella della nostra flora intestinale. Dei 100.000 miliardi di batteri che vivono sopra e dentro il nostro corpo, ben l’80% risiede nel nostro intestino.

Da questa magnifica varietà di specie, di cui ciascun individuo possiede dalle 150 alle 1000 specie differenti, deriva una incredibile diversità di funzioni che questi batteri possono svolgere, vivendo nel loro habitat, grazie alla numerosità del totale dei loro geni, il così detto microbioma, complessivamente vasto oltre 150 volte il genoma umano.

 

Perché è fondamentale per la salute dell’intero organismo

Oggi è noto che la potenzialità biologica di questo insieme si estende ben oltre la salute dell’organo che lo ospita, spingendosi ad influenzare la funzionalità e la salute degli altri organi, sistemi ed apparati grazie alla produzione di oltre un migliaio di metaboliti (noti) biologicamente attivi nel mantenere l’omeostasi.

Si può spiegare perché ciò avvenga considerando un punto di vista evolutivo: nel corso di centinaia di milioni di anni, di madre in figlia, la flora intestinale è passata in eredità alla prole, adattandosi ed evolvendosi in parallelo con l’ospite, seguendo la filogenesi delle specie che si sono susseguite nelle ere geologiche fino ad arrivare a noi, oggi.

Disponiamo perciò di un rapporto simbiotico con migliaia di specie batteriche utili alla sopravvivenza di quello che potremmo chiamare un ‘superorganismo’, od olobionte, dotato di un corredo medio di oltre 500.000 geni nel proprio olobioma.

Parte del microbiota è costantemente residente, parte si modifica con le fasi della vita o nella malattia. Ciò implica che la valutazione delle famiglie batteriche residenti è un passaggio chiave per mantenere o recuperare lo stato di salute dell’organismo.

 
matteo basile

Dott. Matteo Basile, biologo specialista in Patologia clinica

Analizzare il microbiota intestinale aiuta a diagnosticare diverse patologie

Probiotici e prebiotici stanno assumendo l’importanza di veri e propri farmaci quando in grado di guidare nella corretta direzione la numerosità delle differenti specie batteriche prima, durante e dopo l’instaurarsi di una situazione patologica, non necessariamente a carico dell’intestino.

Dopo un’attenta esclusione dei patogeni intestinali, dei parassiti e virus più comuni e probabili come il ceppo enteropatogeno di E.Coli O157, il Campylobacter, il C. Difficilis, Salmonella e Shigella, Cryptosporidium e G. Lamblia, E. Histolytica, Norovirus GI e GII, Rotavirus, Adenovirus, Astrovirus e Sapovirus, cosa che oggi può essere eseguita con un’unica indagine in tempi rapidi ed un solo campione fecale, l’analisi del microbiota deve essere considerata un punto di partenza in molte patologie croniche, organo specifiche, multi-organo o sistemiche.

Un esempio illuminante è l’utilità del trapianto di microbiota non solo in svariate patologie sia del canale digerente, come il morbo di Crohn, la sindrome dell’intestino irritabile, la colite ulcerativa, l’infezione da C. Difficilis, ma anche in patologie autoimmuni, sclerosi multipla, malattia di Parkinson ed altre condizioni neurodegenerative, encefalopatia epatica, diabete tipo II e lo studio di trapianto di microbiota abbinato al trapianto di midollo osseo con importanti risultati sull’outcome dei pazienti.

L’intervento di tipo alimentare, sia con cibi integrali ricchi di opportune fibre prebiotiche che con cibi fermentati ricchi di microrganismi utili alla nostra salute (sovente presenti nelle tradizioni etniche delle popolazioni umane), abbinato nei casi più refrattari allo studio del microbiota volto ad una integrazione mirata con fibre e ceppi batterici opportuni e determinati per patologia, diveranno nei prossimi 5-10 anni un punto di partenza irrinunciabile per affrontare patologie cronico-degenerative, ponendo una sempre maggiore attenzione verso ogni intervento in grado di destrutturare l’ecosistema intestinale.

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