Il tumore mammario rappresenta la neoplasia più frequente nella donna ed è stato dimostrato che circa una donna su otto lo svilupperà nel corso della vita. Una diagnosi precoce è possibile. Vediamo allora tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione.
Fattori di rischio del tumore mammario
Partiamo dai fattori di rischio. Sono diversi e incidono in modo differente. Per esempio l’età, in quanto l’incidenza aumenta con il passare degli anni: il menarca precoce o la menopausa tardiva ampliano la finestra estrogenica, mentre risultano protettivi gravidanza e allattamento.
Esiste inoltre l’ereditarietà di alcune forme di tumore mammario, questa è legata ad alterazioni genomiche (le più note sono BRCA1 e 2) e una certa famigliarità che determina una maggior predisposizione allo sviluppo di questa neoplasia. Anche le abitudini di vita (che possiamo sempre migliorare) sono un fattore di rischio: l’obesità, che determina un’alterata produzione ormonale, rappresenta un fattore di rischio; così come fumo e alcool; mentre l’attività fisica è protettiva e andrebbe sempre incoraggiata.
Un ulteriore ruolo è rappresentato dalle terapie ormonali: in particolare la terapia ormonale sostitutiva nel periodo post-menopausa e le terapie ormonali per il trattamento dell’infertilità necessitato di mirati programmi di follow-up per l’eventuale diagnosi precoce di carcinoma.
Sintomi del tumore mammario e importanza dell’autopalpazione
Purtroppo, nella maggior parte dei casi, il tumore al seno non ha una sintomatologia dolorosa; il segno più comune è un nodulo di consistenza duro-lignea, non mobile e di nuova insorgenza; talvolta la pelle sovrastante può essere arrossata e andare incontro a retrazione con evidenza di pori, e identificabile come “pelle a buccia d’arancia”.
Altri segni associati possono essere la retrazione del capezzolo (“non è mai stato così”) e la perdita di sangue. È quindi di fondamentale importanza la conoscenza delle manovre di autopalpazione: queste devono essere eseguite già dai 20 anni di età, una volta al mese e una settimana dopo il ciclo mestruale.
È bene anche un controllo visivo: davanti ad uno specchio per osservare eventuali nuove asimmetrie o alterazioni strutturali. In caso venga riscontrata una qualsiasi delle alterazioni citate è importante recarsi dal proprio medico curante che indirizzerà alla visita senologica.
Mammografia
La mammografia rappresenta l’indagine cardine dello screening e della diagnosi precoce del tumore mammario, in quanto permette di evidenziare i segni di una possibile neoplasia prima che questa si manifesti clinicamente. È un esame non invasivo che utilizza radiazioni ionizzanti a basse dosi e viene eseguito in due proiezioni con compressione della ghiandola stessa da parte del mammografo, che può provocare fastidio, ma difficilmente del vero e proprio dolore.
Essendo implicato l’uso di radiazioni ionizzanti (seppur a basse dosi) è importante comunicare al tecnico che esegue l’esame la data dell’ultima mammografia in modo da non eseguirne più di una all’anno, a meno che non sia ritenuto necessario per approfondimenti diagnostici. È sconsigliato inoltre eseguire mammografie prima dei 40 anni, sia per la giovane età sia perché la mammella sarebbe troppo densa per evidenziare piccole lesioni.
Questo esame non può essere eseguito dalla donna in gravidanza a meno di stretta necessità e dietro prescrizione medica, mentre non ci sono controindicazioni durante l’allattamento o per chi è portatrice di protesi mammarie.
È preferibile inoltre sottoporsi all’esame entro i primi 7-10 giorni del ciclo, mentre sarebbe meglio evitare la fase premestruale in quanto risulterebbe più fastidioso. Importante è portare il giorno dell’esame le vecchie mammografie eseguite (non solo la più recente), in modo da poter consentire un confronto e la più facile individuazione di alterazioni di nuovo riscontro a carico del parenchima ghiandolare.
Questa indagine consente la visualizzazione di distorsioni parenchimali o la comparsa di micro- calcificazioni sospette con una sensibilità che varia a seconda della densità ghiandolare della mammella in esame: sarà infatti più semplice la valutazione di una mammella maggiormente adiposa rispetto a una mammella molto densa dove piccole distorsioni parenchimali possono essere mascherate dal parenchima mammario. In quest’ultimo caso, viene indicata anche un’indagine ecografica.
In caso sia riscontrata qualche anomalia o vi sia un dubbio diagnostico, la paziente viene indirizzata ad ulteriori indagini diagnostiche, quali l’ecografia (se non già eseguita), la tomosintesi, l’ingrandimento mirato o eventualmente anche un approfondimento di III livello quale la risonanza magnetica.
La tomosintesi è una mammografia tridimensionale ad alta definizione che permette lo studio del parenchima mammario “a strati” in modo da consentirne uno studio più dettagliato di distorsioni parenchimali, anche nei seni densi, ed aumentare l’accuratezza diagnostica.
L’ingrandimento mammografico mirato, invece, viene eseguito con delle particolari lenti che focalizzano l’indagine sulla porzione ghiandolare dove risiede il dubbio diagnostico; è utile soprattutto nel caso di micro-calcificazioni sospette, per valutarne distribuzione e morfologia, ma anche per valutare con più accuratezza distorsioni parenchimali e assicurasi che non siano un semplice artefatto sulla mammografia.
Ecografia mammaria
Insieme con la mammografia, l’ecografia mammaria è l’esame di primo livello per la diagnosi precoce delle neoplasie mammarie. È un esame non invasivo, che non richiede impiego di radiazioni ionizzanti.
Può essere eseguito fin dalla giovane età e sempre più frequentemente è richiesto insieme alla mammografia dal medico, in quanto esame complementare. È importante che la popolazione generale sia a conoscenza del fatto che mammografia ed ecografia sono esami complementari e non sostitutivi.
L’ecografia risulta particolarmente utile per l’individuazione di lesioni in mammelle a elevata componente ghiandolare, come nei seni densi giovanili.
È indolore e non presenta nessuna controindicazione; è preferibile eseguirla a 5-10 giorni dalla mestruazione per la minor sensibilità del seno.
Se il medico dopo l’esecuzione dell’esame lo riterrà opportuno, alla paziente può essere richiesto un follow-up in periodo di tempo ravvicinato: questo non deve comportare ansia per la paziente perché l’assenza di radiazioni ionizzanti rende questo strumento assolutamente sicuro.
Con l’ecografia è possibile anche la valutazione dei dotti galattofori e quindi eventuali ectasie, papillomi o presenza di materiale intraduttale e dei linfonodi ascellari.
Dai 30 anni è indicata l’esecuzione di un’ecografia ogni due anni; in caso di famigliarità per neoplasia mammaria i controlli dovranno essere più ravvicinati e sarà compito dello specialista stabilirne la tempistica.
Dopo i 40 anni è consigliabile l’esecuzione di una mammografia annuale, meglio se associata ad ecografia soprattutto in caso di elevata densità mammaria.
L’integrazione di queste due metodiche, unita alla valutazione clinica delle mammelle da parte del medico che esegue l’esame, rappresenta ad oggi lo strumento più efficace nell’individuazione precoce del tumore della mammella, spesso a uno stadio che ancora giova di trattamenti conservativi, oltre che la via per la prosecuzione ottimale dell’iter diagnostico. Per questo, è importante che le donne di ogni età siano in prima persona a conoscenza e consapevoli di quali strumenti si hanno a disposizione e delle loro potenzialità diagnostiche.
Agoaspirato e biopsia per la diagnosi del tumore mammario
Quando viene accertata la presenza di un nodulo o di un’area sospetta, il passo successivo è l’accertamento bioptico. Questo consiste nel prelievo, con aghi di diverse dimensioni, di materiale cellulare (citologico o istologico) da sottoporre al medico anatomopatologo per definirne la benignità o malignità ed eventuali fattori prognostici. Può essere eseguito sotto guida radiologica (stereotassica) o ecografico a seconda del tipo di lesione.
La procedura è minimamente dolorosa e quindi non richiede l’uso di farmaci anestetici, ma solo di ghiaccio. Il risultato viene consegnato da un medico senologo che spiegherà, in caso di risultato negativo, le tempistiche dei successivi controlli di routine, mentre discuterà le possibilità terapeutiche in caso di positività per cellule neoplastiche, a seconda del tipo di tumore.
Talvolta può capitare, soprattutto in caso di lesioni molto piccole, che il materiale prelevato sia inadeguato e, in tal caso, si verrà richiamati per un nuovo prelievo, verrà proposto un nuovo esame o un follow-up a breve termine. Solitamente l’unica complicanza è rappresentata da un ematoma nella sede del prelievo.
La biopsia ex vacuum è una biopsia che consente di prelevare più unità di tessuto mammario sotto guida stereotassica con l’ausilio di un sistema computerizzato. Viene eseguito nel caso di microcalcificazioni o distorsioni parenchimali sospette, visibili solo alla mammografia, che verranno quindi sottoposte ad esame istologico per valutarne benignità o malignità.
Prima della procedura viene messo un catetere venoso periferico di protezione che non verrà usato se non in caso di necessità. L’esame viene eseguito o in posizione prona su un apposito lettino o in posizione seduta; vengono acquisite più immagini della mammella interessata in modo che l’area sia centrata perfettamente e la macchina possa individuare le coordinate per indirizzare l’ago. In seguito verrà fatta una piccola anestesia per ridurre il fastidio. L’esame dura circa 30 minuti ed è importante che la paziente resti ben ferma per tutto il tempo.
Alla fine della procedura viene applicata una clip interna amagnetica per indicare la sede del prelievo e viene effettuata una medicazione con punti adesivi e del ghiaccio (è importante portare un reggiseno per permettere al ghiaccio di rimanere ben adeso alla sede del prelievo e migliorare il comfort post-procedurale). Alla paziente è richiesto di aspettare circa un’ora in ospedale per controllare la medicazione e rimuovere il catetere venoso. Nei giorni successivi è comune che compaia un ematoma nella sede del prelievo.
Non è necessaria alcuna preparazione specifica, ma occorre che venga eseguito nei giorni precedenti un prelievo ematico che confermi che la paziente non ha problemi di coagulazione (PT, PTT e fibrinogeno). Inoltre, in caso di assunzione di farmaci anticoagulanti, ne deve essere sospesa l’assunzione, previo accordo con il medico di riferimento. L’anestesia usata è quella “classica” del dentista: in caso di allergia, deve essere comunicata.
È importante sapere che non in tutti i casi sarà possibile effettuare l’esame: in caso di mammella di dimensioni troppo ridotte non ci sarà uno spessore tissutale tale da permettere il prelievo. In tal caso il medico radiologo indicherà alla paziente un ulteriore approfondimento, per esempio con risonanza magnetica, o un follow up a breve distanza.
L’esito dell’esame viene comunicato in circa 10 giorni da un medico senologo. Sarà lo Specialista ad indirizzare la paziente verso l’iter più appropriato.
Risonanza magnetica
È un esame diagnostico non invasivo che viene eseguito su macchine ad alto campo magnetico (1,5 T o 3T) e permette lo studio della ghiandola mammaria e dei linfonodi. Non utilizza radiazioni ionizzanti e quindi è privo di rischi per la paziente e può essere eseguito a qualunque età.
Può essere effettuato con o senza mezzo di contrasto: nel primo caso per lo studio della sindrome da carcinoma primitivo ignoto nel momento in cui siano state trovate metastasi linfonodali, ma il tumore primitivo non sia riscontrabile negli esami di primo livello; per lo staging di lesioni già confermate di cui si sospetta la multifocalità/multicentricità; per valutazione di efficacia dopo terapia neoadiuvante, o nel caso di donne con alto rischio genetico (BRCA1 O BRCA2 mutate) e importante familiarità; nel secondo per la valutazione dell’integrità di impianti protesici a fini estetici o dopo mastectomia.
La paziente viene posta in posizione prona sul lettino della risonanza con le braccia lungo il corpo e le mammelle appoggiate sulle bobine dedicate. L’esame dura circa 15 minuti.
Per le donne in età fertile è preferibile eseguire l’esame nelle due settimane successive al primo giorno del ciclo mestruale. È necessario compilare preventivamente un questionario circa la possibilità di presenza di oggetti metallici nel corpo (schegge, protesi, pacemaker…) che verranno poi sottoposti a valutazione per verificarne l’idoneità.
È importante altresì togliere tutti gli indumenti con parti metalliche, monili, piercing, mollette, lenti a contatto, occhiali, cosmetici e qualsiasi oggetto possa potenzialmente essere metallico.
In caso di esame con mezzo di contrasto occorre rispettare il digiuno di almeno 4 ore e portare l’esame della creatinina non di antecedente di 3 mesi. Inoltre è importante ricordare di portare con sé gli esami precedenti per consentirne il confronto.
Tutti gli esami e le procedure descritte prevedono la sottoscrizione verbale o in forma scritta di un consenso informato.